sabato 20 novembre 2010

ARTE e MERCATO un rapporto difficile...? PARTE SECONDA



Peter Fischli & David Weiss,
Cosa fa la mia anima mentre sto lavorando?, 2003
Coll. Consolandi
Foto Roberto Marossi
In precedenza abbiamo parlato del legame tra arte e mercato,  argomentando sull’alienazione dell’artista e sulla storia dell’arte.
Paolo Consolandi
Ora approfondire l’argomento con una serie di post è d’obbligo soprattutto in questo momento, quando al MAGA va in scena la mostra a cura di Francesca Pasini ed Angela Vettese “COSA FA LA MIA ARTE MENTRE STO LAVORANDO?” composta dalle opere della collezione Consolandi (14 novembre 2010 -13 febbraio 2011).; in memoria del famoso collezionista venuto a mancare nel maggio scorso. Chi ha avuto la fortuna di poter godere della mostra sui “LIBRI D’ARTISTA” a Palazzo Reale, ha una minima idea di quello che può essere esposto al MAGA; quel che è certo è che il mercato e gli artisti Italiani sono stati privati di un protagonista d’eccezione: il collezionista milanese Paolo Consolandi.
Alighiero Boetti, Mappa, 1972-73
Collezione Consolandi
Foto Mario Tedeschi

Dagli anni 50, Consolandi accumula il fior fiore dell’arte: da Fontana, Manzoni, Klein, Castellani, Klee, Warhol,  Vesarely, Morellet, Albers, Armand, Hutchinson e molti altri.
Consolandi era un collezionista di prima classe con due sole restrizioni di scelta: l’alta qualità delle opere scelte e le dimensioni dei pezzi che non potevano essere enormi, dato che la raccolta si definiva entro gli spazi della casa e gli uffici del notaio milanese.
Ed è questo forse un primo indizio tra l’interazione tra l’arte ed il mercato, tra domanda ed offerta.

COMMERCIABILITA’
Alcuni parametri accomunano i piccoli collezionisti ai grandi collezionisti: dimensioni e conservazione. Sia in un caso che nell’altro, il collezionista deve sapere di avere uno spazio adeguato dove porre l’opera acquistata e che la stessa opera sia eseguita, e trattata in modo da conservarsi il più a lungo possibile (a meno che la stessa non sia stata progettata apposta per dialogare con l’ambente circostante e per deteriorarsi – ma questo deve essere sostenuto da un solido impianto intellettuale e poetico).
Ron Mueck, "Boy" 1999
Credit: Ron Mueck

DIMENSIONI
Sulle dimensioni dell’opera, il parametro è variabile, in quanto dipende dalle possibilità dell’acquirente di avere spazio adeguato; e tuttavia anche qualora avesse spazio per un’opera, lo spazio in questione potrebbe non essere sufficientemente illuminato o appunto non adeguato in quanto posto in relazione alle altre opere, non godibile.
Un artista giovane (non ancora affermato) che produca solo opere di grandi dimensioni avrà un bel da fare a trovare le prime vendite... D’altro canto, le opere di piccole dimensioni non hanno lo stesso impatto di quelle di grande dimensioni. La strada della varietà dell’offerta invece può accontentare più domanda, sia in termini di potere d’acquisto che di possibilità di posizionamento in uno spazio adeguato.

CONSERVAZIONE
Ernesto Neto, Leviathan Thot, 2006
Photocredit: Marcus Wagner
Altro punto importantissimo è quello della conservazione dell’opera. Molti giovani artisti non danno peso al deterioramento delle proprie opere. Partendo dal presupposto che nulla è eterno e che le cose decadono e si rovinano,  l’artista si deve tuttavia necessariamente preoccupare (e non solo per la gioia dell’acquirente, in quanto è giusto che un artista desideri che la sua opera duri il più a lungo possibile) che l’opera sia composta da elementi e materiali non eccessivamente corruttibili, e qualora lo fosse per necessità d’espressione,  dovrà industriarsi per cercare il modo di metterla il più possibile al sicuro dagli agenti che potrebbero nuocere alla sua integrità cercando allo stesso tempo, di non lederne la fruibilità ed il godimento da parte del pubblico, ed evitando accuratamente con tale intervento, di snaturarne le potenziali o effettive relazioni semantiche e semiologiche (ad esempio, se un’opera è stata pensata per essere toccata, dovrà essere possibile toccarla...).

ESPOSIZIONE E SUPPORTI
Un problema che va quasi di pari passo con quello della conservazione, è quello dell’esposizione. Il discorso fatto sopra vale anche per le esposizioni; il fatto ad esempio che “il legno sia vivo” e le intelaiature tenda ad imbarcarsi, è fatto risaputo, tuttavia sia per un gallerista che per un possibile acquirente, un quadro a pastelli 50x70cm che si torce di 35cm sul suo asse non è gradevole né tantomeno facilmente vendibile;  così come una scultura mal bilanciata o con un piedistallo inadatto e traballante.

Liu Ding, Transition Products, 2005 Performance,
40 dipinti, olio su tela, 22 stampe fotografiche

L.A. Galerie Lothar Albrecht (Frankfurt/Main, Germany)


Attaccaglie mal fissate, inesistenti o di fortuna (come fili di ferro o simili) non aiutano nemmeno il gallerista più ben disposto e neppure il collezionista; opere eccessivamente pesanti, senza che tale peso sia legato a motivi intellettualmente (o per scelte poetiche-espressive) validi può essere considerata un’ingenuità da dilettanti.
La cornice a mio parere è una scelta delicata. Molti quadri vengono violentati da cornici inadatte, che a volte ne pregiudicano un’efficace lettura. Le cornici migliori possono essere quelle neutre (bianche o nere), listelle lisce,  e con bordi adeguati al quadro. Il color legno è difficile da scegliere (se si ha tempo si può anche pensare) e con gli altri colori si rischia parecchio.

Lo stesso vale per i piedistalli... che non devono “fare a pugni” con la scultura, ma adeguarsi o riuscire a valorizzarla, fornendo un buon rapporto figura-sfondo (componendole con un materiale ed un colore neutro diversi da quelli della scultura ma senza troppa “personalità”) ad essa.

AUTENTICAZIONE
Un altro punto è quello dell’autentica: in occasione di alcune mostre da me curate mi è capitato, accorgendomi del fatto in galleria, di dover chiedere agli artisti di firmare il retro della tela per autenticare i quadri...!
Emilio Isgrò, dichiaro di non essere Emilio Isgrò, 1971,
Istallazione per 7 elementi, stampa tipografica su carta, Archivio Isgrò, Milano
EQUIPAGGIAMENTO: CATALOGHI, ARCHIVIO, CRITICHE, ECC...
L’artista giovane ed esordiente, tenuto conto che DEVE avere una cultura ben solida di storia dell’arte e conoscere un poco e per quanto possibile le direzioni dell’arte contemporanea, potrà produrre opere interessanti solamente se riuscir a trovare la propria dimensione, la propria direzione ed i propri orizzonti poetici ed espressivi.
Tenuto conto di ciò, alcune elle armi di cui può avvalersi un giovane artista contemporaneo esordiente sono mostre (in gallerie), premi, cataloghi e/o pubblicazioni.
Delle gallerie, dei premi e delle pubblicazioni volevo dare spazio nella prossima parte, chiedendo anche a voi lettori/ di dare il proprio giudizio o di portare la propria esperienza.
In realtà, ciò che pensavo in questa parte di “Arte e Mercato” era di partire proprio dall’inizio: un artista esordiente DEVE catalogare le proprie opere, fotografandole ed archiviandole con titolo, dimensioni, data e tecnica, in un proprio catalogo aggiornato sulla disponibilità delle stesse (magari con una copia digitale in PDF da spedire eventualmente a richiesta); così da agevolare il lavoro di critici, curatori e galleristi (quelli bravi intendo, e non di quelli che vi chiedono di portare quel che volete basti che paghiate).
Il tutto magari correlato da una critica in cui l’artista si identifichi e che non sia del tutto campata per aria, con una breve biografia ed una lista chiara delle mostre, delle partecipazioni a premi e delle eventuali pubblicazioni.
Magari stampare piccole brochure da lasciare in occasione delle mostre con le opere più significative e i propri dati e le indicazioni spiegate sopra.
Altra cosa che potrebbe aiutare è un sito internet aggiornato con il materiale di cui sopra...

domenica 7 novembre 2010

ARTE , DESIGN e MASS MEDIA – I RUOLI DELL’ARTE NELLA CULTURA MODERNA

Quanto l’arte influisce sulla cultura popolare contemporanea? Quanto, una persona qualsiasi sa dell’arte? 
Agenzia Armando Testa, Bella Scoperta,
immagine pubblicitaria per una fiera automobilistica, 2006

Photocredit: engramma.it
Se andassi per strada e chiedessi ad un passante generico cosa ne pensa di Leonardo da Vinci, è probabile che, se il tale avesse letto Dan Brown, mi potrebbe rispondere: “secondo me, il tizio vicino a Gesù, è la Maddalena”, oppure potrebbe rispondermi semplicmente: “la Gioconda”. 

Gioconda Torno subito
Source: Art Wiki credit: Daff95
Più o meno lo stesso avverrebbe forse con Botticelli, Van Gogh, Picasso, Monet, Dalì, Mirò, Klimt, Magritte, Chagall, Caravaggio. Ma se chiedessi di Kandinskij, Klee, Mondrian, Ernst, Calder, Moore? O peggio ancora di Pollock, Duchamp, Klein, Manzoni (specificando Piero), Vedova, Fontana, Burri? E cosa succederebbe se chiedessi di Viola,  Christo, della Beecroft? Logicamente non ci si può aspettare che un non-appassionato d’arte conosca molti nomi di artisti moderni e contemporanei e che riesca ad associarli alle loro opere; non sarebbe nemmeno corretto, in qualche modo, chiedere a chicchessia di conoscere Faraday, Ampérè, Ohm, benché noi tutti oggi viviamo in un mondo che utilizza massicciamente apparati elettrici ed elettronici.
Photosource: Worth1000 contest Credit: Waleed Mushtaq
Tuttavia, come per gli studi e degli apparati di Volta, Ampéré, Fleming e compagnia, oggi siamo immersi anche dei frutti dell’arte. Che lo vogliamo o no, l’arte s’insinua nella nostra società in modo subdolo e strisciante.

Poche settimane fa, Nevruz Joku, cantante partecipante al programma RAI "Xfactor" ha cantato il pezzo dei Baustelle “Charlie fa surf”. 
Nevruz Joku
guarda il video
Source: nevruz.altervista.org
Tale pezzo è dichiaratamente ispirato all’opera di Cattelan “Charlie don’t surf”, la quale a sua volta, è ispirata ad una frase del film Apocalypse Now di Coppola pronunciata dal colonnello della compagnia aviotrasportata nella famosissima scena degli elicotteri che eseguono l’attacco sulle note della “Cavalcata delle Valchirie” di Richard Wagner. Charlie è l’abbreviazione della sigla-codice VC ovvero Victor Charlie = Viet Cong.
Così la TV ruba alla musica pop che ruba all’arte che ruba al cinema che ruba alla musica.
Charlie don't surf,
Maurizio Cattelan 1997
Photocredit: Maurizio Cattelan sito ufficiale
Non è la prima volta che i Baustelle citano un artista nelle loro canzoni, altro riferimento vi è nel testo di “un romantico a Milano” che riporto: “...Mamma / che ne dici di un romantico a Milano? / fra i Manzoni preferisco quello vero:Piero
Non è nemmeno la prima volta che Elio (e le storie tese), “allenatore” del citato Nevruz ha a che fare con Cattelan, sembra infatti che il cantautore si sia “sostituito” all’artista firmando autografi e rispondendo alle domande degli intervenuti in occasione della consegna del premio alla carriera del MAXXI a Cattelan.

Pubblicità acqua effervescente naturale
Fonte: www.repubblica.it IMMAGINI
Opera "Slim Venus"
Source: Worth1000 contest - credit: batthemadbat


Ma ben più esempi vi sono nel campo della comunicazione visiva: il “Chiasma” e la ponderazione delle figure umane dei Canoni greci sono state riprese dai fotografi pubblicitari e della moda; 
così come i vari simboli dell’arte sono stati utilizzati per veicolare un messaggio pubblicitario: dalla Venere del Botticelli, al David di Michelangelo; dalla Gioconda, all’autoritratto di Van Gogh.
photocredit: strangeart.it
Molte le rielaborazioni fotografiche di grandi dipinti utilizzate da moda e pubblicità: dal “quarto stato” di Pellizza da Volpedo, a “la libertà che guida il popolo” di delacroix.
Costume "alla Mondrian" della designer sara Schofield
Photocredit: Tracey Lee Hayes 
Hair & Make-up: Jodie Watts 
Model: JJ @ Viviene’s 
Shot: Geelong, Australia 
Per non parlare dei “loghi” che riprendono quasi al limite del plagio le composizioni di Mondrian, le grafiche che riprendono le morfologie, le armonie, i ritmi e le textures di Klimt, il dripping di Pollock o le pennellate di Tapies.

manifesto della Bauhaus
source: spazioldo.com
L’intera grammatica e sintassi della grafica moderna e del design recuperano gli studi di Klee e Kandinskij al Bauhaus; a questo proposito ho trovato significativa una frase di Kandinskij rivolta a Malevič: “se d’ora in poi ci prefiggiamo di tagliare tutti i nostri legami con la natura, [...] di accontentarci esclusivamente di combinare il colore con una certa forma inventata, le opere che creeremo saranno ornamentali, geometriche, non molto diverse a prima vista, da una cravatta o da un tappeto

Wassily Kandinskij, composizione 8 (1923)
 Olio su tela, 140 x 201 cm (55 1/8 x 79 1/8") 
Solomon R. Guggenheim Museum, New York
source: salonedegliartisti.it
In questo senso, nella ricerca della forma pura, o più precisamente, delle forme pure dell’astrattismo non vi era, come poi è effettivamente avvenuto, il germe del design e del graphic design? 
Bauhaus Information_Design_by_denzmixed
Ovviamente sì. Lo conferma la psicologia della gestalt ed il suo forte legame con quanto teorizzato in “Punto, linea, superficie” di Kandinskij.
Ma andando oltre alla ricerca morfologica, per fare due esempi, l’impressionismo ha aperto gli occhi sulla reale fisiologia percettiva dell’occhio umano: ovvero “a macchie cromatiche”; 
il cubismo ha speculato sul tempo e la relatività con l'idea della simultaneità del punto di vista in una sorta di anticipazione della teoria della relatività in campo fisico; 
Yves Klein, antropometria
source: exibart. com
l’arte performativa e la Land Art hanno aperto la via di ricerca sull’aspetto di “evento”, di partecipazione del fruitore e di invasione ambientale; concetti rivalutati poi a scopo pubblicitario in forme analoghe. E la lista, dall’inizio della prima forma d’arte preistorica ad oggi sarebbe molto lunga...
Christo Javacheff, Ombrelli Blu
source: writedesignonline.com
L’arte viene “mangiata” e digerita dalla comunicazione e dalla società ma per continuare ad essere se stessa DEVE necessariamente mantenere il suo status d’indagine filosofica ed espressiva svicolata dalla mera comunicazione, anche se poi potrà essere “digerita” e “riproposta” da essa.
Pablo Picasso 1962
credit:
Revista Vea y Lea
“[...] l’arte non è tata inventata per decorare appartamenti. Essa è un’arma di offesa e di difesa dal nemico.” Disse Picasso; e tuttavia oggi, il suo nome, la sua firma e le sue forme pubblicizzano un’automobile.


In definitiva quindi siamo “contaminati”. Ed anche una persona estranea all'arte che artisticamente non riconosce Kandinskij e che molto spesso risponde: “l’arte moderna non la capisco” è inevitabilmente coinvolto, avvolto e convinto da quelle stesse forme di espressione che non capisce.
Damien Hirst, L'impossibilità fisica della morte nella mente di un vivo
source: blog.libero.it
Ma il problema dell’uomo medio è che  non gli vengono forniti gli strumenti necessari per essere per lo meno introdotto, all’arte moderna e contemporanea, e dunque non lo si può biasimare, così come l'artista o l'amante dell'arte non può essere biasimato se non conosce Faraday, Maxwell o Dirac.
Henry Moore, at his finest
source: ffffound.com
Ma se l’arte è, per lo meno da un certo punto di vista, una sorta di laboratorio sperimentale di nuove forme di espressione, di nuovi orizzonti di significato, di nuovi modi di vedere la contemporaneità del mondo in cui vive (anche quando recupera il passato), e che dunque si debba sempre sempre in un’ideale frontiera affacciata su continenti inesplorati, ci si deve chiedere dove porteranno le nuove tendenze, se siano tutti validi sentieri oppure quali, delle tante vie, siano le poche che rappresentino il reale “passaggio a nord-ovest” dell’arte di domani.


Tony Cragg, I'm alive, 2003
source: archimagazine.com
Forse, guardando il panorama di prolificazione delle tendenze artistiche dagli inizi del novecento ad oggi, e dall’estrema frammentazione delle stesse in una sorta di nube composta da innumerevoli individualità protese verso direzioni apparentemente diverse, si potrebbe essere tentati di pensare che le ricerche si stiano disperdendo, e che non possano rappresentare una chiara linea o direzione. Molti dei giovani sono epigoni, parecchi dei maturi sono rimasti intrappolati in sé stessi, e dunque il cerchio si restringe. 
Picasso sosteneva che bisognasse “uccidere l’arte moderna” e che ciò significasse uccidere anche sé stessi se si fosse voluto realizzare qualcosa in futuro.
Da questo presupposto, mi chiedo quali potrebbero essere gli artisti capaci di fare qualcosa del genere. Probabilmente saranno loro, quei nuovi pionieri che scopriranno i passaggi a nord-ovest dell’arte di oggi e di domani.

venerdì 22 ottobre 2010

La questione spinosa del cavallo di Cattelan a Milano





L'opera scandalo di Maurizio Cattelan
Photocredit: Maurizio Cattelan sito ufficiale








"Bocciata l'opera di Maurizio Cattelan a Milano" 
DITE LA VOSTRA!

CON QUESTA "BOMBETTA AL VETRIOLO" INAUGURIAMO IL PRIMO SONDAGGIO DEL BLOG!
(se non capite come fare a votare, guardate nella colonna di destra... santi numi!)


IL FATTO
In Maggio il comune di Milano ha bocciato l’opera “INRI” di Cattelan, poiché giudicata offensiva, soprattutto in quanto dislocata a Palazzo Reale (location della mostra dell’artista), ovvero, troppo vicina al Duomo...
Per saperne di più sul dibattito inerente alla "censura" clicca qui !


LA MOSTRA
Ora la discussa mostra di Maurizio Cattelan è in corso a Milano (Palazzo Reale e presente A Piazza Affari con l'opera Omnia muna mundis) - clicca qui per saperne di più sulla mostra in corso

giovedì 21 ottobre 2010

ARTE E MERCATO un rapporto difficile...?




Quella di oggi non è l’età della creazione, ma del collezionismo
Con questa frase, che cito dalla sua biografia, Peggy Guggenheim sembra tarpare le ali a ciò che viene dopo o, più precisamente che “non è compreso tra” i grandi nomi del ‘900.


Peggy Guggenheim, heiress, art collector, patroness, and philanthropist. 
Venice, 1950 
©1996 from the Estate of David Seymour
Il contesto della frase, di cui riporto un estratto qui di seguito, fa ben sperare agli artisti che si industriano a realizzare i loro percorsi a cavallo tra il ventesimo ed il ventiduesimo secolo:
«L’arte di oggi non mi piace. Penso che sia andata a ramengo proprio come conseguenza dell’atteggiamento finanziario oggi così diffuso. La gente rimprovera me per ciò che si dipinge al giorno d’oggi, perché ho incoraggiato ed aiutato la nascita di questo nuovo movimento (l’espressionismo astratto, n.d.r), ma io posso affermare di non esserne responsabile. [...] Gli artisti, secondo me, cercano troppo l’originalità: è questo il motivo per cui ci troviamo di fronte afd una pittura che non è più pittura. Per il momento dovremo accontentarci di ciò che ha prodotto il ventesimo secolo: Picasso, Matisse, Mondrian, Kandinsky, Klee, Léger, Braque, Gris, Ernst, Miró, Brancusi, Arp, Giacometti, Lipchitz, Calder, Pevsner, Moore e Pollock. Quella di oggi non è l’età della creazione, ma del collezionismo, che, se non altro, ci consente di preservare tutti i grandi tesori che abbiamo e di presentarli in maniera degna alle masse.» citazione tratta da Peggy Guggenheim – Una vita per l’arte – Ed. Rizzoli, novembre 2000.
Charlton Heston interpreta Michelangelo 
in una scena del film: “il tormento e l’estasi”
Photocredit by tr.wikipedia.org








Il tormento e l'estasi...
L’artista da che mondo è mondo (o quasi) ha sempre avuto bisogno del mercato; dal committente al collezionista; tuttavia questo è stato quasi sempre un rapporto di amore e odio: si pensi per esempio al burrascoso rapporto tra Giulio II e Michelangelo Buonarroti, il quale tuttavia, grazie alla committenza del primo, non sarebbe mai riuscito a realizzare le sue più grandi opere. Tuttavia l’artista spesso diviene quasi nemico del suo mecenate (quando ha la fortuna di averne uno - soprattutto se ricco e in continua richiesta d’opere), in quanto forse si sente ridotto ad un mero “mezzo” mediante il quale il mecenate riceve la gratificazione di possedere l’opera eseguita (ed ancora di più, di averne contribuito in modo determinante alla possibilità di esistere). E forse proprio per questo sforzo di deputare la propria arte ad una richiesta, ad un gusto, ad un tema, che schiaccia ancora di più l’artista e lo lascia solo. Per questo forse le parole di Goethe sulla Sistina:Senza aver visto la Cappella Sistina non è possibile formare un’idea apprezzabile di cosa un uomo solo sia in grado di ottenerepotrebbero avere un valore che va oltre il mero stupore di fronte alla fatica, seppur immane, di un abilissimo artista.

"Vucciria di Palermo" Renato Guttuso, 1974
Università agli studi di Palermo (donazione dell'artista)
photocredit: Artinvest2000




Al mercato
Ma nel caso precedentemente citato, si stava parlano di epoche lontane; nell’arte moderna e contemporanea i “giochi” sono differenti ma non troppo: l’opera d’arte da parte degli acquirenti (che, a parte rari casi, solitamente divengono “sponsor” solo dopo che l’artista ha acquisito la legittimazione da parte dei circuiti museali) viene intesa come bene simbolico, come status sociale e possibile investimento. 
L’artista “esordiente”, la “nuova proposta” deve cercare di rientrare nei giochi di mercato, che si fondano su criteri di riconoscimento (ovvero dal lavoro di critica), sponsorizzazione, divulgazione, e vendita (gestite da mercanti e collezionisti). L’artista deve necessariamente perdere il monopolio delle proprie opere per lasciarlo nelle mani dell’azione sinergica di queste componenti esterne.

Bernard Berenson, renowned art critic and author, 
at the age of 90 in the Borghese Gallery. 
Rome, 1955 
©1996 from the Estate of David Seymour




Il sistema...
Francesco Poli, nel suo libro “Il sistema dell’arte contemporanea”, (lettura che consiglio a chiunque si voglia proporre nel campo dell’arte sotto qualsiasi aspetto: artista, critico, curatore, mercante e collezionista), fornisce un interessante affresco dell’arte e del suo mercato moderno e contemporaneo (lascio ad ognuno poi giudicare la completezza e i limiti del trattato che, personalmente trovo di ottimo livello) e nel settimo capitolo, dedicato agli artisti argomenta così sul ruolo dell’artista contemporaneo “come creatore e come produttore professionista riconosciuto” definendo il “rischio di alienazione dell’artista”:


Copertina del libro di Francesco Poli
edito da Laterza

«La situazione paradossale dell’artista contemporaneo è che, da un lato, la sua figura viene per molti versi mitizzata, in funzione dell’ideologia dominante, in quanto simbolo e paradigma del valore “assoluto” della libera creatività individuale, ma, dall’altro lato, per poter emergere, affermarsi ed essere riconosciuto a livello socioculturale e socioeconomico, deve accettare, in misura più o meno pesante, di adeguare la sua produzione ai condizionamenti “normalizzanti” del sistema, con effetti indubbiamente alienanti. »
Citando poi gli studi dell’americana Barbara Rosemblum prosegue così:
«In teoria, l’artista può fissare liberamente da sé il prezzo delle sue opere, in ragione della loro unicità, ma in pratica la definizione del loro valore di scambio è determinato dal “dealership system”, che “opera una regolamentazione, introducendo costrizioni artificiali e una omogeneizzazione artificiale fra prodotti unici e dissimili” e assegna “un’etichetta estetica che è automaticamente un cartellino del prezzo” » da “Il sistema dell’arte contemporanea” di Francesco Poli, Editori Laterza, 2002

Marcel Duchamp, Mile of String, 1942, New York
photocredit: www.marcelduchamp.net




L'eterna domanda...
Ora, sembrerebbe indubbia l’alienazione, sembrerebbe svilito il processo creativo dell’artista inteso nel senso più puro del termine, sembrerebbe violentata la sua personalità, la sua libertà d’azione ed il controllo sul destino delle sue opere. 
Ma non è forse l’arte patrimonio di tutti? Ed essendo sinceri, quanti artisti non ancora affermati cederebbero un po’ della loro libertà ed accetterebbero volentieri l’alienazione ed i giochi del mercato pur di poter vedere le loro opere, i loro sacrifici e la loro poetica portata là dove, da soli, non l’avrebbero mai potuta condurre? (Se non addirittura “produrre”…?)