lunedì 19 dicembre 2011

Nessuno muova il tavolo

Come ieri, l'eco dell'opera di Adrian Paci "centri di permanenza temporanea" del 2007 si riverberava negli sbarchi di Lampedusa del 2011,  oggi l'opera dell'artista palestinese Mona Hatoum del 1998 intitolata "Map" e composta da una mappa del globo formata da migliaia di biglie di vetro risulta essere più attuale che mai in questa fine 2011.
Mona Hatoum, Map, 1998
glass marbles

source: artnet.com
La crisi che imperversa rende la situazione globale ancora più precaria la distesa di biglie. 
I territori del globo della Hatoum non sono marcati: nessuno è al sicuro. 
Se una biglia è colpita l'intero equilibrio mondiale vacilla con la possibilità di scatenare un effetto domino che può sconvolgere l'economia di tutti. La vita di tutti.
Si teme.
Si teme e si spera che tutti si muovano con cautela ai lati del tavolo dove sta la mappa. Che muovano le biglie giuste senza suscitare troppe vibrazioni.
Gioco dello Shangai o Mikado
Source: Wikipedia
photo taken by: de:User:Martin Sommerfeld
Come in un gigantesco gioco dello "Shangai" o "Mikado"…
facciamo attenzione tutti,
dalle alte sfere alle persone qualunque,
facciamo attenzione,
e questo natale,
alleniamoci a giocare a Shangai.

venerdì 2 dicembre 2011

Si spera nella ripresa.

Il 12 -11- 2011 Berlusconi da le dimissioni. 

Stampa estera e nazionale sparano a zero.

Una fine e un inizio.

C'è Monti.

Perché qualcuno deve mettere a posto le cose.

Emilio Isgrò - Nessuno può essere privato del capo
photocredit: galleria boxart

Si spera.

Si parla di ripresa e riduzione dello spread tra Btp italiani e Bund tedeschi.

Si spera in una ripresa.

Emilio Isgrò - Fondata sul lavoro
photocredit: galleria boxart

Si parla di riduzione dello spread tra Btp italiani e Bund tedeschi.

Speriamo nella carità della Germania.

E speriamo in Dio che ce l'abbia.

E speriamo in Dio

che è un essere perfettissimo

come una Wolkswagen che...

...va... ...e va... ...e va... ...e va...

Emilio Isgrò.
photocredit: georgiamada.splinder.com

martedì 6 settembre 2011

SONDAGGIO 54esima BIENNALE di VENEZIA 2011


L’ARTE NON è COSA NOSTRA 
e il padiglione delle discordie 
TU COSA NE PENSI? 
Dì LA TUA! cliccando nel sondaggio posto nella colonna a fianco e/o postando un commento!
photosource: arthemisia.it
L’IDEA …IN BREVE
Senza entrare nel dettaglio di tutte le opinioni pro o contro Sgarbi, per la 54esima edizione dell’esposizione biennale internazionale d’arte di Venezia, non sono di certo mancate le polemiche, al centro del mirino: il Padiglione Italia; pietra dello scandalo: la scelta del curatore Vittorio Sgarbi di “contrastare la mafia del mercato e della critica” affidando ad una schiera di intellettuali italiani e stranieri il compito di segnalare l’artista che secondo l’opinione di ognuno di loro fosse “più interessante in questa apertura del nuovo millennio”.
Padigione Italia "L'arte non è cosa nostra"
veduta dell'installazione"
photocredit:  Valentina Grandini
DALL’IDEA AL RISULTATO
"L'Italia in croce"  di Gaetano Pesce
photocredit: exibart.com
L’idea del critico ferrarese di “liberare dal giogo dei soliti circuiti mercantili” la 54esima edizione della biennale di Venezia cercando una via a suo giudizio “più democratica” rappresenta sicuramente un interessantissimo e stimolante progetto, tuttavia a progetto realizzato, nella sua forma compiuta la mostra del padiglione Italia ha suscitato perplessità e pareri discordanti (vedi link agli articoli collegati e approfondimenti video più sotto): dal giudicare l’allestimento un “baraccone caotico” alla domanda che si sono posti in molti riguardo all’effettivo raggiungimento di una democrazia delle selezioni sostenendo l’ipotesi che non si sia fatto altro che “spostare il problema da settori elitari alle amicizie ed ai gusti personali”.





Di contro, a detta di una diversa parte di pubblico e di artisti, il padiglione rappresenterebbe perfettamente la contemporaneità italiana: individualista e campanilista, in cui artisti al limite del dilettantismo dividono il palco con artisti capaci e con i grandi artisti in un caleidoscopico affresco specchio dell’Italia di oggi. Per alcuni, un obbiettivo raggiunto quindi, se non altro dal punto di vista della democrazia e della rappresentazione della realtà Italiana.

IN DEFINITIVA
Tra le lamentele degli artisti sull’inadeguatezza dello spazio dedicato alle loro opere, ad affermazioni quali “spero che vengano ricordate le mie opere ma non il contesto”, fino ad arrivare alle lettere aperte in cui si declinava la partecipazione all’evento in quanto non avvertiti per tempo, la 54edizione della biennale di Venezia del 2011 sarà sicuramente ricordata.

APPROFONDIMENTI VIDEO 
(credit by youtube)

Vittorio Sgarbi presenta la 54esima biennale a Salemi

Incontri con artisti presenti al Padiglione Italia, Biennale 2011, impressioni, conversazioni, commenti, opere
PRIMA PARTE


Incontri con artisti presenti al Padiglione Italia, Biennale 2011, impressioni, conversazioni, commenti, opere
SECONDA PARTE



LINK AD ARTICOLI CORRELATI

LaStampa.it
Tra attacchi alla Curiger, curatrice della Biennale, e lodi a Berlusconi il critico presenta il Padiglione Italia che coinvolge 2000 artisti
di Rocco Moliterni

Cultframe.com
di Maurizio G. De Bonis

Fattoadarte.corriere.it
di Pierluigi Panza

artribune.com
di Adriana Polveroni

LINK AGLI ARTICOLI SULLE LETTERE APERTE DEGLI ARTISTI CHE HANNO RINUNCIATO A PARTECIPARE

Blog.Espresso.Republica.it

mercoledì 13 aprile 2011

CENTRI DI PERMANENZA TEMPORANEA - L'ECO DELL'OPERA DI PACI DEL 2007 SI ODE NEL 2011




Adrian Paci, Centro di permanenza temporanea, 2007, 
video DVD, © Galleria Francesca Kaufmann, Milano



In questi giorni, come avviene per la pittura nucleare, l'eco di messaggi di opere del passato pare materializzarsi in una sorta di giustizia di Cassandra: in questo caso mi riferisco all'opera "CENTRO DI PERMANENZA TEMPORANEA" (una video istallazione) di Adrian Paci datata 2007.
Adrian Paci, Centro di permanenza temporanea, 2007, 
video DVD, © Galleria Francesca Kaufmann, Milano
L'artista, di origine albanese, con all'attivo studi d'arte all'accademia di Tirana, dopo essere emigrato a Milano, intraprende la carriera d'artista, attraverso tematiche vissute in prima persona. Eccolo quindi all'epoca, portare all'attenzione i "centri di permanenza temporanea" italiani con la sua famosa (ed omonima) opera. Oggi, che i riflettori sono puntati su Lampedusa e sulle coste del sud, in attesa che si profili all'orizzonte il prossimo sbarco, l'opera di Paci diventa più attuale che mai.
Le Radeau de la Méduse, Théodore Géricault, 1819
© [Louvre.edu] - photocredit: Erich Lessing

Senza dare giudizi in merito alle questioni sociali e politiche che il tema in questione pone, e prendendo l'opera come un ritratto della condizione degli immigrati, quel che Paci ci pone di fronte agli occhi risulta a mio avviso, più eloquente degli innumerevoli discorsi e dibattiti televisivi che affollano i palinsesti e le pagine dei quotidiani di questi giorni. Dopo un viaggio (comprendente la lotta per sfuggire alle proprie condizioni nel paese d'origine, alla difficoltà di trovare aiuto da persone di dubbia moralità che accecano chi è disperato con false promesse, ecc...) che potrebbe forse reggere il confronto con "La zattera della Medusa" di Géricault , questi uomini e donne arrivano qui. Senza passato e senza futuro.
Adrian Paci, Centro di permanenza temporanea, 2007, 
video DVD, © Galleria Francesca Kaufmann, Milano

...E ora? ...Che si fa? 

sabato 9 aprile 2011

DA HIROSHIMA A FUKUSHIMA... SECONDO ARTE

"L'universo è buio: noi speriamo, invece, che l'infinito sia azzurro, sia questo cielo di luce pulita senza nuvole, senza confini". (Gianni Dova)
Gianni Dova, Paesaggio, olio su tela, 1956
photocredit: farsettiarte.it
In questi giorni il mondo incontra un periodo di ansia nucleare. La risposta inefficace al disastro causato alla centrale giapponese di Fukushima risveglia l'incubo di Chernobyl e dell'era atomica. 
Da quando agli inizi del ventesimo secolo, Einstein scoprì la relazione massa=energia, l'uomo si avviò alla comprensione dell'enorme potere racchiuso in tale relazione. Nel dopoguerra, le differenti dinamiche e preoccupazioni dell'utilizzo di tale energia erano allora confinate al loro scopo
Esplosione del test della bomba “Ivy Mike” del 1952
fotografata dal 1352esimo squadrone U.S. AIR FORCE.
credit: Reuters
ovvero all'utilizzo civile o militare, benché si conoscesse l'effettiva problematica che la manipolazione di tali forze comprendesse la presenza dell'invisibile spettro assassino della radioattività ed il deforme e (quasi) immortale simbionte di tale spettro: la scoria radioattiva.
All'epoca, come allo stato attuale, per quanto riguarda l'impiego civile dell'energia nucleare, finché tali demoni restano adeguatamente confinati e stoccati, non si profila l'emergenza di come chetarli o, per lo meno, di sfuggire loro in qualche modo.
Enrico Baj, The Bum Manifesto, 1952
photocredit: Victoria and Albert museu

Ora, agli inizi dell'era nucleare, l'arte, che vive il suo tempo, non poteva non essere influenzata dalle implicazioni di tale rivoluzione scientifica e tecnologica; ed infatti nel 1951, Enrico Baj e Sergio Dangelo fondarono a Milano il movimento dell'Arte Nucleare, pubblicandone il manifesto (lanciato poi un anno dopo a Bruxelles in occasione della mostra alla galleria Apollo) dal quale si legge:
« i Nucleari vogliono abbattere tutti gli "ismi" di una pittura che cade inevitabilmente nell'accademismo, qualunque sia la sua genesi. Essi vogliono e possono reinventare la Pittura.
Le forze sono le cariche elettroniche. La bellezza ideale non appartiene più ad una casta di stupidi eroi, nè ai robot. Ma coincide con la rappresentazione dell'uomo nucleare e del suo spazio. [...] La verità non vi appartiene: è dentro l'atomo. La pittura nucleare documenta la ricerca di questa verità.  » 
Da ciò si può facilmente dedurne la condizione di proseguimento dei discorsi surrealisti, dadaisti ed informali precedenti, pur tuttavia permeati di nuovo incentivo derivante dalle nuove scoperte che, oltre ad aprire nuove frontiere energetiche, apriva altresì le porte su di un universo invisibile, fatto di materia ed energia talmente sottili da invadere i territori del vuoto, uno spazio (lo spaziotempo einsteiniano) alieno alla comune percezione di esso, uno spazio che si torce e si dilata assieme al tempo, in un sabbioso oceano brulicante di energia e materia.
tracce di collisioni tra particelle subnucleari
photocredit: Patrice Loiez, CERN
Per questo la pittura nucleare predilige il linguaggio informale, caratterizzato dal tachisme, dal frottage, dalla tecnica dell’acqua pesante, rendendo la disintegrazione, la disgregazione, l’atomizzazione degli elementi pittorici, elemento allo stesso tempo esetico e concettuale.
Enrico Baj, montagna con sole
photocredit: undo.net
La sola definizione della tecnica dell’acqua pesante ([...] emulsione costituita da acqua e vernici densissime, generalmente a tonalità bruno-dorate, gettata e fatta scorrere su una superficie fresca e spessa di colore a olio, le conferisce un aspetto disgregato e vibrante, con effetti di "atomizzazione". In alcuni suoi quadri, Enrico Baj, usò incorporare nella superfice fresca di colore erba e fiori, e quindi stendervi sopra l'"acqua pesante", in modo che dalla pasta emergessero soltanto fili lievi, linee incerte, impronte." [...] - (T. Sauvage, Art Nucléaire, Ed. Vilo, Parigi, 1962)) 
Enrico Baj, due forme nucleari, 1952
photocredit: no-art.info
ricorda la più famosa “acqua pesante” utilizzata come moderatore di neutroni dei primi programmi sull’energia nucleare durante la seconda guerra mondiale, e come componente essenziale nella progettazione di alcuni reattori nucleari, sia per la produzione di energia elettrica che per la produzione di isotopi nucleari, come il plutonio-239. Anche se i moderni reattori fanno uso di normale acqua leggera per la moderazione dei neutroni. 


Necessariamente coinvolti dalla spinta innovativa del progresso scientifico (costituito dal fatto di avere una risposta (in seguito smentita dalle ricerche sulle particelle subatomiche come ad esempio i quark) all'eterna domanda "qual'è il componente più piccolo della materia?" e ancor più dal fatto di apprendere che questa materia è intrisa di energia sfruttabile ) ma consci e turbati dalle stesse problematiche che tale progresso comportava, questi artisti diedero vita ad un movimento artistico che, sebbene di relativamente breve durata, ebbe respiro internazionale. A tale movimento infatti aderirono Gianni Dova, Gianni Bertini, Piero Manzoni, Joe Colombo, Ettore Sordini, Angelo Verga, gli scultori Arnaldo Pomodoro, Giò Pomodoro, ed inoltre qualche frequentazione degli "internazionali" Arman, Yves Klein, Antonio Saura, e Asger Jorn.
EAISMO
Sempre in Italia, ma precedente al movimento Nucleare fu l'Eaismo (da Era Atomica -ismo), movimento livornese di impronta simile il cui manifesto venne stilato e firmato il 3 settembre 1948 a Livorno da Voltolino Fontani, Angelo Sirio Pellegrini, Marcello Landi, Guido Favati (poeta) e Aldo Neri.
Eaisti
photocredit: Wikipedia


MISTICISMO NUCLEARE
Anche Salvador Dalì, come molti sapranno, conobbe il suo periodo “nucleare”.Profondamente impressionato dalla sorte di Hiroshima e dalla nascita dell’era atomica,  il pittore dà vita a quello che egli stesso definisce il suo periodo del Misticismo nucleare con opere come “La Madonna di Port-Lligat” (1949) e “Corpus Hypercubus” (1954) integrando iconografia cristiana e disgregazione della materia ispirate alle nuove teorie della fisica nucleare e della meccanica quantistica.
La Madonna di Port Lligat 1949
credit: surrealismestvincent.wikispaces.com

Persino il celebre dipinto "la persistenza della memoria" sembra essere stato ispirato dalla teoria della relatività, e non sarebbe un caso, anzi sembra essere un riferimento quasi lapalissiano; in Corpus Hypercubus, il riferimento alle dimensioni extra è evidente; e più in generale, il surrelismo Dalìniano è mia opinione essere, ad oggi, la rappresentazione più efficace della peculiarità degli elementi che compongono lo strano universo quantistico e relativistico in cui viviamo.

Corpus Hypercubus 1954
credit: wikipedia


In questo senso, è mio parere che sia molto più probabile che la realtà in cui viviamo sia molto più simile a quella rappresentata nelle opere di Dalì, che non quella che percepiamo tutti i giorni attraverso i nostri sensi.
Per sua stessa ammissione infatti, Dalì pensava che la letteratura e le forme estetiche non gli interessassero quanto la scienza, in particolare la meccanica quantistica. Secondo alcune fonti, l'artista catalano tenne sino in punto di morte i libri di Schroedinger e di Hawkings sul comodino...


OLTRE LO SPAZIO

Alcuni ritengono che l'arte nucleare fu d'ispirazione allo spazialismo di Fontana.Alcuni ritengono che l'arte nucleare fu d'ispirazione allo spazialismo di Fontana. Nato anch'esso dalla spinta scientifica, questa volta dell'era spaziale, ma in cui il “concetto spaziale”, appunto, fa parte di una intuizione delle teorie più avanzate sulla relatività generale e sullo spaziotempo, lo spazialismo subodora intuizioni quali la curvatura dello stesso spaziotempo, delle sue distorsioni e dei suoi “strappi” o "buchi" e delle dimensioni extra (ad esempio gli spazi di Calabi-Yau), ritorte all'interno dello spazio stesso.

Lucio Fontana, neon, triennale, 1951
credit: Photo Archive Fondazione La Triennale de Milano
rappresentazione artistica degli spazi di Calabi-Yau
credit: visualizzation Jeff Bryant - concept A.J. Hanson


rappresentazione semplificata della
curvatura spaziotemporale generata dalla
massa di un corpo di notevoli dimensioni
L'OMBRA DI HIROSHIMA SU FUKUSHIMA
Ora, nel 2011 sembra che per l’era atomica, il Giappone sia un punto cardine. Dal primo ed unico impiego di armi atomiche in un conflitto (Hiroshima e Nagasaki) all’ultimo e forse più importante disastro ambientale legato all’energia nucleare ad uso civile (Fukushima). 
Bomba "Little Boy" sganciata su Hiroshima nel 1945
Source: Picasa web album credit: Robots
L’ombra di Hiroshima ha sempre infestato l’immaginario giapponese, incarnato, tra gli altri, nei miti cinematografici dei film di “Godzilla”, lucertolone mutante creato da scorie radioattive che sorgeva dal fondo del Pacifico per distruggere città e campagne. 

Rappresentazione "pseudoscientifica"
dell'anatomia del mostro Godzilla
credit: Photobucket

Inquietante la  caratteristica quasi di preveggenza di tali paure inconsce: nel 2011 Godzilla si materializza sul serio, il peso dei suoi passi fa scuotere la terra, lo spostamento del suo enorme corpo genera l’onda che spazza via paesi interi, spezzando la sicurezza che teneva imprigionato l’alito velenoso dell’enorme drago. Questo "Godzilla reale" certo è opera della natura,  ma il suo alito velenoso invece, opera dell’uomo, colpevole d’aver costruito i ceppi che ne chiudevano le fauci troppo vicini alle sue zampe.


IN DEFINITIVA...
In definitiva, non sappiamo se quest’ultimo incidente sancirà la fine dell’era atomica, o sarà lo sprone per cercare di portare avanti la ricerca di nuovi sistemi più sicuri per imbrigliare l’energia nucleare, o ancora se l’umanità riuscirà a rendere efficaci le fonti di energia pulita; certo è, che l’arte non può rimanere spettatrice, ma sentire gli effetti di questo avvenimento e mediarli, raccontarli come solo le opere d’arte sanno fare...


Lucio fontana...
credit: artitude.eu

...andando oltre la banalità della propaganda del pro o del contro, oltre la paura,  ma pure oltre l’incoscienza,  oltre l’ignoranza e oltre la conoscenza, sviscerandone le implicazioni più profonde, la natura dell’uomo e la sua perpetua rincorsa a sé stesso.

sabato 20 novembre 2010

ARTE e MERCATO un rapporto difficile...? PARTE SECONDA



Peter Fischli & David Weiss,
Cosa fa la mia anima mentre sto lavorando?, 2003
Coll. Consolandi
Foto Roberto Marossi
In precedenza abbiamo parlato del legame tra arte e mercato,  argomentando sull’alienazione dell’artista e sulla storia dell’arte.
Paolo Consolandi
Ora approfondire l’argomento con una serie di post è d’obbligo soprattutto in questo momento, quando al MAGA va in scena la mostra a cura di Francesca Pasini ed Angela Vettese “COSA FA LA MIA ARTE MENTRE STO LAVORANDO?” composta dalle opere della collezione Consolandi (14 novembre 2010 -13 febbraio 2011).; in memoria del famoso collezionista venuto a mancare nel maggio scorso. Chi ha avuto la fortuna di poter godere della mostra sui “LIBRI D’ARTISTA” a Palazzo Reale, ha una minima idea di quello che può essere esposto al MAGA; quel che è certo è che il mercato e gli artisti Italiani sono stati privati di un protagonista d’eccezione: il collezionista milanese Paolo Consolandi.
Alighiero Boetti, Mappa, 1972-73
Collezione Consolandi
Foto Mario Tedeschi

Dagli anni 50, Consolandi accumula il fior fiore dell’arte: da Fontana, Manzoni, Klein, Castellani, Klee, Warhol,  Vesarely, Morellet, Albers, Armand, Hutchinson e molti altri.
Consolandi era un collezionista di prima classe con due sole restrizioni di scelta: l’alta qualità delle opere scelte e le dimensioni dei pezzi che non potevano essere enormi, dato che la raccolta si definiva entro gli spazi della casa e gli uffici del notaio milanese.
Ed è questo forse un primo indizio tra l’interazione tra l’arte ed il mercato, tra domanda ed offerta.

COMMERCIABILITA’
Alcuni parametri accomunano i piccoli collezionisti ai grandi collezionisti: dimensioni e conservazione. Sia in un caso che nell’altro, il collezionista deve sapere di avere uno spazio adeguato dove porre l’opera acquistata e che la stessa opera sia eseguita, e trattata in modo da conservarsi il più a lungo possibile (a meno che la stessa non sia stata progettata apposta per dialogare con l’ambente circostante e per deteriorarsi – ma questo deve essere sostenuto da un solido impianto intellettuale e poetico).
Ron Mueck, "Boy" 1999
Credit: Ron Mueck

DIMENSIONI
Sulle dimensioni dell’opera, il parametro è variabile, in quanto dipende dalle possibilità dell’acquirente di avere spazio adeguato; e tuttavia anche qualora avesse spazio per un’opera, lo spazio in questione potrebbe non essere sufficientemente illuminato o appunto non adeguato in quanto posto in relazione alle altre opere, non godibile.
Un artista giovane (non ancora affermato) che produca solo opere di grandi dimensioni avrà un bel da fare a trovare le prime vendite... D’altro canto, le opere di piccole dimensioni non hanno lo stesso impatto di quelle di grande dimensioni. La strada della varietà dell’offerta invece può accontentare più domanda, sia in termini di potere d’acquisto che di possibilità di posizionamento in uno spazio adeguato.

CONSERVAZIONE
Ernesto Neto, Leviathan Thot, 2006
Photocredit: Marcus Wagner
Altro punto importantissimo è quello della conservazione dell’opera. Molti giovani artisti non danno peso al deterioramento delle proprie opere. Partendo dal presupposto che nulla è eterno e che le cose decadono e si rovinano,  l’artista si deve tuttavia necessariamente preoccupare (e non solo per la gioia dell’acquirente, in quanto è giusto che un artista desideri che la sua opera duri il più a lungo possibile) che l’opera sia composta da elementi e materiali non eccessivamente corruttibili, e qualora lo fosse per necessità d’espressione,  dovrà industriarsi per cercare il modo di metterla il più possibile al sicuro dagli agenti che potrebbero nuocere alla sua integrità cercando allo stesso tempo, di non lederne la fruibilità ed il godimento da parte del pubblico, ed evitando accuratamente con tale intervento, di snaturarne le potenziali o effettive relazioni semantiche e semiologiche (ad esempio, se un’opera è stata pensata per essere toccata, dovrà essere possibile toccarla...).

ESPOSIZIONE E SUPPORTI
Un problema che va quasi di pari passo con quello della conservazione, è quello dell’esposizione. Il discorso fatto sopra vale anche per le esposizioni; il fatto ad esempio che “il legno sia vivo” e le intelaiature tenda ad imbarcarsi, è fatto risaputo, tuttavia sia per un gallerista che per un possibile acquirente, un quadro a pastelli 50x70cm che si torce di 35cm sul suo asse non è gradevole né tantomeno facilmente vendibile;  così come una scultura mal bilanciata o con un piedistallo inadatto e traballante.

Liu Ding, Transition Products, 2005 Performance,
40 dipinti, olio su tela, 22 stampe fotografiche

L.A. Galerie Lothar Albrecht (Frankfurt/Main, Germany)


Attaccaglie mal fissate, inesistenti o di fortuna (come fili di ferro o simili) non aiutano nemmeno il gallerista più ben disposto e neppure il collezionista; opere eccessivamente pesanti, senza che tale peso sia legato a motivi intellettualmente (o per scelte poetiche-espressive) validi può essere considerata un’ingenuità da dilettanti.
La cornice a mio parere è una scelta delicata. Molti quadri vengono violentati da cornici inadatte, che a volte ne pregiudicano un’efficace lettura. Le cornici migliori possono essere quelle neutre (bianche o nere), listelle lisce,  e con bordi adeguati al quadro. Il color legno è difficile da scegliere (se si ha tempo si può anche pensare) e con gli altri colori si rischia parecchio.

Lo stesso vale per i piedistalli... che non devono “fare a pugni” con la scultura, ma adeguarsi o riuscire a valorizzarla, fornendo un buon rapporto figura-sfondo (componendole con un materiale ed un colore neutro diversi da quelli della scultura ma senza troppa “personalità”) ad essa.

AUTENTICAZIONE
Un altro punto è quello dell’autentica: in occasione di alcune mostre da me curate mi è capitato, accorgendomi del fatto in galleria, di dover chiedere agli artisti di firmare il retro della tela per autenticare i quadri...!
Emilio Isgrò, dichiaro di non essere Emilio Isgrò, 1971,
Istallazione per 7 elementi, stampa tipografica su carta, Archivio Isgrò, Milano
EQUIPAGGIAMENTO: CATALOGHI, ARCHIVIO, CRITICHE, ECC...
L’artista giovane ed esordiente, tenuto conto che DEVE avere una cultura ben solida di storia dell’arte e conoscere un poco e per quanto possibile le direzioni dell’arte contemporanea, potrà produrre opere interessanti solamente se riuscir a trovare la propria dimensione, la propria direzione ed i propri orizzonti poetici ed espressivi.
Tenuto conto di ciò, alcune elle armi di cui può avvalersi un giovane artista contemporaneo esordiente sono mostre (in gallerie), premi, cataloghi e/o pubblicazioni.
Delle gallerie, dei premi e delle pubblicazioni volevo dare spazio nella prossima parte, chiedendo anche a voi lettori/ di dare il proprio giudizio o di portare la propria esperienza.
In realtà, ciò che pensavo in questa parte di “Arte e Mercato” era di partire proprio dall’inizio: un artista esordiente DEVE catalogare le proprie opere, fotografandole ed archiviandole con titolo, dimensioni, data e tecnica, in un proprio catalogo aggiornato sulla disponibilità delle stesse (magari con una copia digitale in PDF da spedire eventualmente a richiesta); così da agevolare il lavoro di critici, curatori e galleristi (quelli bravi intendo, e non di quelli che vi chiedono di portare quel che volete basti che paghiate).
Il tutto magari correlato da una critica in cui l’artista si identifichi e che non sia del tutto campata per aria, con una breve biografia ed una lista chiara delle mostre, delle partecipazioni a premi e delle eventuali pubblicazioni.
Magari stampare piccole brochure da lasciare in occasione delle mostre con le opere più significative e i propri dati e le indicazioni spiegate sopra.
Altra cosa che potrebbe aiutare è un sito internet aggiornato con il materiale di cui sopra...